Durante il web in tourism a Milano, ho avuto modo di assistere all’ormai classico e ricorrente Tripadvisor contro tutti. Una platea, apparentemente moderata è stata stimolata a fare domande, spezzando il monologo pubblicitario di Vittorio Deotto, rappresentante del “gufo”.
Il primo intervento ha evidenziato la problematica di recensioni palesemente fraudolente che però non vengono rimosse. Addirittura viene colpevolizzata la macanza di risposta alla recensione.
Nel caso specifico, un utente di Tripadvisor aveva recensito per ben tre volte lo stesso hotel e solo quello. Da una facile ricerca interna, appariva lo zamipino della moglie dell’ex direttore che “postava” positivamente le prime due volte e negativamente l’ultima. La cosa sorprendente è che la risposta del manager alberghiero alla recensione fraudolenta è stata censurata, per l’utilizzo di una parola ( non offensiva ) che a dire di Tripadvisor è eticamente inaccettabile.
Il secondo intervento ha visto protagonista una giovane consulente, arcigna e combattente. Recriminava il fatto che in una recensione di tre anni fa era stato usato il termine “truffatrice”, rivolto alla titolare di un albergo per cui la giovane fa consulenza. La parola veniva riportata sia nel titolo della recensione che nella parte descrittiva.
Alla domanda della consulente sulle motivazioni per cui la recensione non era ancora stata censurata, è stato risposto “Ma che aveva fatto la direttrice?”
La parola “truffatrice” non da adito a dubbi di interpretazione.
La considerazione è quindi che c’è particolare attenzione alla regolamentazione delle risposte alle recensioni. Per contro assistiamo ad una cosciente o inconsciente disattenzione alla netiquette delle recensioni.
Che sia forse perchè i contenuti di un utente hanno maggiore valore rispetto ad una semplice risposta?